In Sardegna c’è una forte tradizione orefice che si tramanda sin dall’antichità, e che racconta un tempo in cui si credeva alla magia e alle forze ultraterrene. Ancora oggi, nei mercati artigianali e nei negozi tipici di questa splendida isola, si possono ammirare piccole creazioni in oro, argento, minuziosi intrecci impreziositi da pietre, perle e coralli. Se progettate una viaggio verso la Sardegna riservate un po’ del vostro tempo nello scegliere un souvenir così autentico, carico di simbolismi e misteri, per tramandarlo proprio come avviene negli usi e nei costumi sardi.
Gioielli di Sardegna, caratteristiche di una tradizione millenaria:
In Sardegna c’è una leggenda che affonda le sue radici nel folklore locale. Si dice che i primi gioielli al mondo siano stati realizzati dalle Janas, piccole fate che dimoravano nelle Domus de Janas. Dopo la mezzanotte tessevano fili d’oro oppure argento per creare amuleti preziosi che avevano il compito di sigillare gli amori eterni.
Da questo racconto si tramanda la tecnica della filigrana, ossia l’abile intreccio di fili d’oro e d’argento con cui si creavano preziosi manufatti carichi di significati e poteri misteriosi. Dalla prosperità alla fertilità, da un pegno d’amore sino a diventare potenti portafortuna contro il malocchio, i gioielli sardi hanno assunto significati diversi a seconda del periodo storico, di chi lo realizzava, del luogo di provenienza e delle persone a cui erano destinati.
Anche il corallo rosso è molto amato e impiegato nella realizzazione di alcuni amuleti con cameo, come pendenti e orecchini. Le forme più diffuse ricalcano quelle di un fiocco, di un bottone o di una navicella.
La fede sarda è un gioiello che si può vedere indossato dalle giovani donne. Un anello in bellissima e minuziosa filigrana d’oro e d‘argento che veniva tramandato da madre in figlia nelle grandi occasioni, (matrimonio o nuove nascite). La leggenda vuole che la Janas li indossassero nelle occasioni speciali, in particolare negli incontri con le divinità, e questo aspetto magico è ancora oggi tanto vivo da rendere questi anelli veri e propri tesori di famiglia. Proprio come la fede tradizionale, viene indossato all’anulare destro, dove passa la vena dell’amore (vena amoris). È la vena che arriva al cuore, trasportando il sangue e ossigeno.
Nella tradizione orafa sarda il bottone sardo, è uno dei gioielli più amati sia da uomini sia da donne. Decora camice, colli e giacche, impreziosendo molto spesso l’abbigliamento tradizionale nelle feste tipiche sarde. Anche questo gioiello è in filigrana, ha una forma sferica e una piccola protuberanza che ricorda il seno materno: è un riferimento a Tanit, la dea della fertilità in epoca fenicia e molto venerata nell’antica Cartagine. Questa forma è ricavata da die semisfere unite attraverso il processo di imbutitura e decorate con motivi in filigrana. Per chiuderlo, a volte viene usata una piccola pietra preziosa.
Proprio il simbolismo di questo gioiello rappresenta un augurio di abbondanza, fecondità e felicità; come tutti i gioielli sardi, è anche un ottimo porta fortuna contro le forze negative del mondo. Un tempo, più prezioso era il materiale usato per creare il bottone, più alto era lo status sociale della persona che lo indossava e della famiglia che lo tramandava.
Su Coccu è un antichissimo amuleto in grado di proteggere dal malocchio, dagli animali velenosi e di lenire il dolore. È composto da una pietra (solitamente l’onice o lì’ossidiana) “sorretta” da due coppette in filigrana alle sue estremità: proprio la pietra è il veicolo di questo potere benefico contro i malefici. Proprio per la forma tondeggiante della pietra, Su Coccu rappresenta un occhio: l’occhio buono in contrapposizione con l’occhio cattivo.
Photo credits
Foto di Spritz77 da Getty Images
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